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Riflessioni aperte

Cercare possibili risposte a interrogativi che investono globalmente il mestiere di storico, ha significato, e significa tutt’oggi, riflettere innanzitutto sul senso e sul valore della propria professionalità (15): infatti, se luoghi e metodi della costruzione e della trasmissione del sapere storico diventano nella rete e grazie alla rete un processo di natura sociale e collettiva non più esclusivo appannaggio degli storici, e se i confini fra i mestieri che tradizionalmente operano nella organizzazione della conoscenza, appaiono oggi sempre meno definiti e circoscritti, il mestiere di storico, e la stessa storiografia, devono modificare, riformulare caratteri e statuti che ormai si credevano definiti e consolidati? (16)Quali le conseguenze? Le nuove problematiche? Le possibilità applicative? In che forma, con quali strumenti? “Quale funzione resta agli storici se i canali di elaborazione del passato e della memoria li scavalcano? Come salvaguardare la funzione civile della storiografia in un universo a cui è difficile applicare gli strumenti di regolamentazione ideati per supporti meno inafferrabili?” (17). Sono “ancora adeguati i metodi di analisi e di critica delle fonti storiche di fronte alle novità di cui sono portatori gli archivi, i documenti, gli ‘oggetti digitali’ in genere?” (18). Se no come, la comunità degli storici, può o deve modificare la tradizionale critica delle fonti? (19) Come cambia il rapporto degli storici con le fonti digitali o metafonti (20) nel modo di ricercarle, di utilizzarle ed infine di comunicarle? Come lo storico convive con i problemi della immaterialità, dinamicità, fragilità, rischio di manipolazione dei documenti digitali? Quale sarà il destino delle fonti digitali? E di quelle tradizionali? Ed ancora, come cambia la costruzione di un testo storiografico?


  Una lunga e complessa lista di interrogativi e di dubbi che non può risolversi  in una altrettanto articolata serie di risposte definitive e in qualche modo rassicuranti, sia per la natura stessa della tematica, che Ragazzini definisce come “una situazione che è tardi per definire allo stato nascente, ma che pure non si è ancora stabilizzata” (21) sia, più in generale, per la natura dinamica, mutevole e  fluida propria della rete. Si tratta quindi di una situazione di profonda incertezza, come ammette Abbattista (22), “una sfida epistemologica tremendamente insidiosa, che investe lo statuto scientifico della disciplina” (23), che può e deve essere vinta, come evidenzia De Luna, nella consapevolezza che lo sviluppo del web rimane un fatto assolutamente positivo. Occorre allora “interrogarsi sulle implicazioni, le potenzialità e le conseguenze di un’integrazione tra reti e mestiere dello storico” (24), superando quel dualismo, oggi poco accettabile, fra le posizioni dei tecnoscettici radicali –sia per “deficit culturale” che per “deficit di prospettiva” (25)- e dei tecnoentusiasti  -troppo spesso acritici-  ma soprattutto analizzando e sperimentando empiricamente la rete per verificare la validità e il senso dell’utilizzo della rete nel lavoro di ricerca storica, inteso sia come reperimento di materiali sia come canale di comunicazione e di pubblicazione di percorsi e risultati di studio.




 


 


 

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Crediti: D.Ragazzini, G.Spinelli, T.Cattabrini